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Incipit
E’ notte fuori, spengo le luci e mi fumo una sigaretta. Il silenzio mi circonda, l’unico rumore è quello del mio aspirare. Mi fa schifo fumare, odio il sapore che mi rimane in bocca, quell’amaro sulla lingua, odio sentire l’odore della sigaretta sulle mie dita. Però di questa sigaretta ne avevo bisogno, mi placa. E poi è quella che avevo infantilmente capovolto nel pacchetto; è l’ultima, quella del desiderio da esprimere. Sinceramente non so cosa richiedere al genio del pacchetto delle Marlboro, ho tante troppe cose da cambiare nella mia vita. I miei rapporti con l’altro sesso sono fallimentari, da pochi giorni si è conclusa la storia con la mia ultima ragazza, che è entrata a fare parte del pacchetto nutrito delle ex. Ho un gruppo buono di amici, ma mi sento sempre solo. Vanno bene per ridere, bere un coca rum e guardare la partita la domenica allo stadio, però non riesco a raccontar loro i miei problemi, le mie angosce. Non ho un lavoro, devo laurearmi e gli anni di fuori corso superano ormai il numero delle ex fidanzate. E poi c’è quel problema lì, quello che non si risolverà mai, quello che solo la Divina Provvidenza può terminare. Il problema da cui è nato tutto, la frana che ha creato il baratro in cui sono cascato e da cui non sono ancora uscito. Forse potrei chiedere questo all’ultima sigaretta. Di uscire da questo baratro, di rivedere la luce. Di tornare a camminare nel mondo dei vivi, senza restare a fissarli da una finestra con una sigaretta di merda in mano.
L’attesa
Era ieri e mi insegnasti che l’attesa era piacere
ed era vero.
Ogni momento portava un sorriso
uno sfiorarsi di sguardi e di mani.
Ci annusavamo e ci guardavamo
come fa l’esploratore tra le foreste
inesplorate.
Oggi in quelle terre dove l’amore
rinverdiva i terreni
la guerra ha bruciato tutti i fiori
e l’attesa è divenuta straziante sofferenza.
Valore
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello
che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
L’economia dei sentimenti
Oggi voglio parlare di economia. Si l’economia dei sentimenti, perché in fondo anche i sentimenti sono un po’ come la Borsa. Ci sono investimenti sicuri, investimenti a rischio, situazioni per cui i nostri sentimenti possono cambiare da un momento all’altro o possono rimanere costanti per sempre. In fondo anche le cose hanno un valore diverso per tutti noi, tutti abbiamo oggetti che per noi sono di valore inestimabile anche se magari costano 5 euro, ma sono legati a un ricordo, a una persona. E le persone invece quanto valgono? Ma soprattutto quando capiamo il vero valore di una persona? Spesso nella mia vita mi sono arrabbiato con me stesso perché capivo tardi il valore di una persona, sottovalutavo quanto fosse importante per me e me ne accorgevo solo quando l’avevo persa. Poi sorgeva in me il dubbio che invece sopravvalutassi a posteriori la persona solo per una crisi di astinenza come quelle dei tossicodipendenti. Dopo un’attenta analisi però sostengo che sia del tutto normale capire il valore di una persona alla fine. In fondo è come se andassi a cena e uno mi chiedesse dopo l’antipasto se ho mangiato bene, non saprei dargli una risposta oggettiva e corretta. Quindi per capire quanto veramente vale per te una persona devi stare senza di quella, superare la crisi d’astinenza e valutare o, ancora meglio, senza aspettare che il cameriere ti porti il conto, quando sei lì che mangi il dolce e ne mancano pochi cucchiaini legati alla sedia dove sei.
Una boccata d’ossigeno
Mi stavo fumando una sigaretta. Faceva bel tempo, era incredibile come anche il tempo mi prendesse per il culo. Quando ero felice pioveva e in quei giorni lì, che ero a terra, lui rideva, risplendeva di luce in ogni angolo. Ero per terra in tutti i sensi, anche in quello letterale. Seduto su un marciapiede davanti al suo portone. Pensavo che era il mio momento più basso della mia esistenza, io a fare la posta sotto casa di una, disperato come un barbone. Poi pensai alla mia vita e trovai almeno un paio di punti più bassi e questo mi diede forza. In fondo poi ero lì per una buona causa. Ci avevo riflettuto a lungo e no non l’avrei implorata di riprovarci e mi ero imposto di non versare nemmeno una lacrima. Anche se avrei voluto baciarla e abbracciarla, non dovevo farlo. Lei magari l’avrebbe fatto, ma poi dopo poco sarebbe tornato tutto come prima coi soliti mille problemi. Ero lì solo per parlarle un’ ultima volta guardandola negli occhi, per uscire dalla mia solita passività, volevo solo vedere se mi riusciva a ripetere guardandomi in faccia quello che mi aveva detto squallidamente per messaggio. Che schifo la tecnologia, quanti momenti di vita ci ha tolto. Io chiedevo solo di essere solo lasciato a tu da una persona che ha il coraggio di guardarmi mentre lo fa. Era per quello che ero lì, che mi ero fatto duecento chilometri e che stavo aspettando da due ore e un quarto. Guardavo tutti i passanti come se da un momento all’altro dovesse sbucare lei, ma mai niente. Ormai era sera e di lei nessuna traccia, quando all’improvviso vidi una ragazza con un cappotto di pelle come il suo con un ragazzo al seguito. Mi si fermò la salivazione. Ma per fortuna non era lei. Ah in quel momento fui contento della mia miopia e poi mi dissi che si c’erano dei problemi come la distanza e qualche incompatibilità di carattere, ma in fondo lei era la ragazza di cui ero innamorato, non poteva essere così stronza da essere già con un altro il giorno dopo avermi lasciato. Ma come spesso era accaduto nella vita, avevo pensato troppo. Ero andato oltre. Infatti eccola arrivare dopo dieci minuti mano nella mano con quell’essere mitologico che incarnava tutte le scuse dei giorni prima. Contai fino a dieci, lei non mi aveva visto, potevo tornarmene a casa, fare finta di non aver visto niente e poi chiamarla al telefono urlandole il mio odio. Ah la mia solita passività… No basta questa volta no, avrei agito. E così la fermai, prima che aprisse il portone di casa a braccietto con lui. Era vestita con quella gonnellina che avevamo comprato insieme la settimana scorsa; era così contenta quando la comprammo. Probabilmente pensava già ad indossarla con lui nelle loro passeggiate sui navigli, con me ormai a stento si truccava e io scemo che le dicevo che era bella anche così, non avevo capito niente come tante altre volte. Cercai di mantenere il mio aplomb anche se tutti quei pensieri in testa volavano alla velocità della luce. Quando lei mi vide impallidì, scorsi una sorta di terrore nei suoi occhi e cercò di andare verso il portone di casa. La fermai per un braccio e le dissi : “Sono venuto per parlarti. E’ da oggi a pranzo che sono qua. Voglio solo parlare”. Lei stette ferma immobile come pietrificata e non apri bocca, cosa che fece invece il suo accompagnatore: “Hey chi sei? Cosa vuoi? Vedi di lasciarla in pace”
Ringraziando il corso di yoga mantenni una calma olimpica e risposi “Sono quello con cui ha fottuto fino a martedì scorso e vorrei capire da lei chi cazzo sei tu, anche se a dire il vero so già chi sei. Sei quello che si scoperà domani e che dopodomani sarai qua a disperarti come me perché ti ha sostituito con un altro”. Mi compiacqui della mia uscita brillante, ma notai che avevo creato un impasse nella discussione, nessuno diceva più nulla. Allora ripresi la parola e dissi a lei: “Possiamo parlare in privato dieci minuti per favore?”. Lei continuò a tacere e a fissarmi, al che lo “scopatore del domani” tornò alla carica e mi disse con lo stesso tono di prima: “Hey bello vedi di smammare”. Il corso di yoga non servì più. Non dissi nulla, ma gli diedi un pugno sul naso e sentii il rumore dell’osso rompersi. La sua maglia bianca si tinse di rosso e lei accorse a preoccuparsi delle sue condizioni. Io li guardai schifato e dissi: “Una che parla troppo poco e uno che parla troppo. Sarete una bella coppia”. Mi girai e me ne andai, era già buio e dovevo tornare a casa. La mano destra sul volante mi faceva un po’ male, ma il cuore era più leggero, avevo respirato dopo un apnea di 200 chilometri.
Fiamme nella neve
Fiamme nella neve
Coriandoli di spuma
Scagliati da Urano
Cristallizzano la natura
E il mondo umano.
Non s’ode rumor,
Non vi è movimento,
La coltre bianca soffoca
L’uman patimento.
Ma corre il veleno nelle mie vene
Lo sguardo fisso cela il dolore
Di quel profondo
Squarcio al cuore.
Urla silenti laceran la quiete,
Le fiamme del drago eterno
Divampano in me
E fuori tace l’ inverno.
Buonanotte a Enzo e al Califfo
Buonanotte! Buonanotte a quelli che fanno molto jogging, a quelli che niente superalcolici, niente pane, niente vino, niente burro, quelli che fanno una vita da malati per morire da sani. Ohh yeah! Buonanotte a quelli che crederebbero anche in Dio se potessero arrivare alla terza settimana, quelli che per la pensione rivolgersi a Gesù Cristo in persona, quelli che aspettano il via, quelli che aspettano la pausa, quelli che aspettano da ieri sera, quelli che aspettano da ieri mattina, quelli che aspettano il tram, quelli che aspettano la moglie che aspetta un figlio che aspetta anche lui. Buonanotte insomma a chi doveva anche aspettarsela. Oh yeah… Buonanotte a quelli che hanno cominciato la laurea da piccoli, non hanno ancora finito adesso e non sanno ancora che cazzo stanno facendo… Oh yeah! Buonanotte a quelli che fanno l’amore in piedi convinti di essere in un pied-a-ter, a quelli che il cuore ingenuo ci casca ancora, quelli che inventano feste e invitano gente per non pensare, quelli che tutto il resto è noia, no non ho detto gioia… oh yeah!!! Buonanotte a quelli che si chiamano Enzo, a quelli che si chiamano Franco, a quelli che tifano l’Inter, a quelli che tifano il Milan, a quelli che hanno l’accento milanese e a quelli che hanno l’accento romano, a quelli che hanno fatto cantare l’italia, a quelli che hanno saputo emozionare la gente.
Buonanotte a Jannacci e Califano, due poeti diversi, opposti, ma anche paralleli tra loro. OH YEAH!
Un abbraccio a Patrizia
Buonanotte! A tutta Italia come sempre, ma soprattutto a una donna: Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi. Lei che oggi è stata umiliata ancora, costretta a scendere in strada e mostrare la foto di suo figlio morto per avere una reazione civile da persone inqualificabili, che appositamente erano andate sotto il suo ufficio a manifestare. Portavano uno striscione che diceva così: “La legge non è uguale per tutti. I poliziotti in carcere, i criminali a casa. Solidarietà, amicizia, speranza, affetto per Luca, Paolo, Monica, Enzo”. Indignato insomma il sindacato indipendente di polizia (Coisp) e solidale con i poliziotti che hanno ammazzato di botte un diciottenne e hanno preso tre anni e sei mesi di carcere per omicidio colposo. E pensare che io ero indignato che avessero preso solo tre anni e mezzo… Mi piacerebbe vedere quelli che hanno manifestato oggi al posto di Patrizia, costretta a una tale tragedia, ma purtroppo il mondo non è mai giusto fino a questo punto. Un abbraccio Patrizia, io con solidarietà, amicizia, speranza e affetto sono dalla tua parte.
Ricordo di una notte di mezza estate
Aliti di vento
sfiorano il frumento,
gelsomini rossi inebriano,
cicale sognanti incantano,
la luna si specchia sul tuo petto
e le nostre labbra scrivono poesie.
Sbircio le tue espressioni,
mentre i capelli
ti bagnano la schiena
come una cascata in primavera.
Sbatto le palpebre
e il campo è ricoperto di rugiada,
avvolto nella nebbia.
Il grano è stato tagliato,
le cicale han smesso di cantare
e tu, risplendi solo nei miei ricordi.
Riflessioni di viaggio
E ci sono sterminate distese di nulla,
di un nulla, che nulla non è.
E ci sono metropoli piene di tutto,
di un tutto, che poi tutto non è.
E poi ci sei tu,
il mio tutto in questo mare di nulla.