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I vs. Social – Parte prima

So che leggere una critica ai social da uno che scrive su un blog, ha una pagina facebook, un account twitter, un account instagram e molto altro ancora può sembrare un po’ incoerente, ma è proprio quello che state per leggere.

Mi ricordo ancora come scoprii Facebook, quel sito che ha cambiato le abitudini e la vita di quasi tutti noi. Ero a una cena a casa di un nostro amico e così dopo la pizza, tra le chiacchiere di rito ci chiese se conoscevamo Facebook e ce ne parlò come una cosa eccezionale che in America stava facendo il boom. Lui aveva fatto il profilo per sentire la sua ragazza americana, che era ripartita da poco ed era tornata a Boston. Gli chiesi cosa faceva di incredibile questo Facebook e lui ci rispose che non faceva niente in particolare… Semplicemente la gente scriveva quello che pensava e metteva foto. L’avevano in pochissimi di quelli che conoscevamo, ma lui li aveva aggiunti tutti, anche il vecchio compagno delle medie che non vedevamo da dieci anni o quello che odiava, ma era su Facebook. Lo prendemmo in giro tutta la sera chiedendoci che cosa gliene fregasse di leggere quello che scriveva il pirla delle elementari o di vedere le foto della gita in campagna del ragazzo che odiavamo tutti. Non so dire quanto sarà passato da quella sera, forse cinque anni, ma già da molto tutti i presenti alla cena hanno fatto un profilo Facebook, hanno scritto post e guardato le foto di quello che odiavamo. Devo dire che essendo una persona abbastanza curiosa inizialmente Facebook mi ha quasi esaltato: finalmente potevo sapere i cazzi di tutti senza indagare, fare domande a intermediari e ascoltare le mie fonti certe. Aprivi la pagina e tutti ti raccontavano i cazzi loro. Wow bellissimo, un po’ come fare la portinaia o andare a leggere le riviste dal parrucchiere. Dopo 5 anni di portineria però sono tornato alle emozioni iniziali, sono tornato a pensarla come alla prima cena: ma a me cosa me ne frega di tutto questo? Cosa me ne frega della foto di Marco che stasera si mangia il filetto in un letto di aceto balsamico? Cosa mi interessa di sapere quanto sia fantastica la storia di amore di Valentina con Tiziano, arrivati al secondo anniversario? E mi interessa che Pierpaolo è in fila in tangenziale? E che Federica sta partendo per New York? La risposta è no. Non me ne frega niente di nessuna di queste cose e soprattutto non me ne frega che la gente sappia nulla di quello che faccio io… Non capisco questa necessità di condividere la mia vita con tutti, di far sapere agli altri cosa mangio o con chi vado a letto e soprattutto non riesco a capire cosa porti la gente a pubblicare tutto. In realtà a questo quesito mi sono dato una risposta. In primis penso che il motore principale di Facebook, sia l’approvazione sociale, il Dio Like. Ormai tutti vivono in funzione dei like, postano cose per avere like e se non ne hanno si chiedono il perché della loro disfatta sociale. E allora come cantava Gianni Morandi  “si può dare di più” per avere un like ed è per questo motivo che quest’estate mi sono trovato foto sulla home di Fb che valevano la copertina di Playboy (l’obiettivo dei like però l’hanno ottenuto). Il secondo grande motore di Facebook è l’invidia; la gente pubblica per far vedere quanto la loro vita è migliore rispetto a quella degli altri. E così chi ha la piscina in casa, mette la foto con lui in piscina alla faccia di quello che sta sudando davanti al ventilatore a pale, quell’altro fa vedere che lui stasera mangia l’aragosta alla faccia di quello che torna a casa da lavoro alle dieci e si fa i quattro salti in padella e poi c’è quello che è in vacanza e mette le foto alla faccia di quello che è a lavorare in Agosto, ma che ha preso le ferie in Settembre, perché postare le foto su Fb quando lavorano tutti dà ancora più gusto…

Tempi moderni

Vi ricordate quel programma di Daria Bignardi che si chiamava “Tempi moderni”? Io ricordo che partiva la canzone “The passenger” e poi scendevano dei tipi strani che mi facevano molto ridere e raccontavano le loro esperienze di vita assurde. Era il 2000 circa e una volta per prendere in giro i miei genitori, che dopo il divorzio dovevano sembrare più giovani di quello che erano gli dissi che mi sarei aspettato di vederli scendere la scalinata un giorno a raccontare la loro esperienza di vita. Ci facemmo una risata su e morì lì. Però in fondo ripensandoci lo dicevo perché una decina di anni fa era quasi una rarità esser divorziati, nonostante mia nonna mi portasse le statistiche e i racconti di tutte le coppie che si erano lasciati a Bologna e dintorni. A dieci anni circa da quel periodo mi sono chiesto cosa dovrebbe scendere oggi da quella scalinata per sconvolgermi? Cosa dovrebbero raccontarmi per farmi restare a bocca aperta? Ho chiuso gli occhi, ho messo la canzone e boh non mi è venuto in mente nulla. E’ brutto per uno scrittore vivere in un mondo che toglie l’immaginazione, toglie lo spazio di inventarsi qualcosa. Vi giuro che negli ultimi periodi “ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare”. E allora forse dovrò scrivere una storia di una coppia giovane normale dove un ragazzo e una ragazza si conoscono a scuola, stanno insieme per tutta la vita amandosi, fregandosene di tutto e di tutti. Lui le apre la portiera della macchina, le porta i fiori raccolti nel prato, lei gli cucina la cena quando torna da lavorare e lo sveglia con un bacio ogni mattina fino a quando sono vecchi e stanno su una panchina con i loro nipoti a raccontar loro il giorno che si conobbero. Si ecco forse sarebbe questo che mi stupirebbe al giorno d’oggi, l’eccezionalità di una vita normale.