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L’incontro con l’indovino

Questo pezzo potrebbe far parte del mio libro di cui avevo iniziato a scrivere qualcosa sul blog e che visti i ritmi sarà pronto nel 2051 (forse). Che ne pensate? (Se ci sono degli errori è perché l’ho scritto di getto alle 3 di notte, quindi per il 2051 saranno corretti…)

Mi trovai solo così nel centro di Piazza Navona, l’aria profumava di pioggia in quella tiepida giornata primaverile, le rondini volavano basse e i mercanti erano pronti a coprire la loro merce con teli neri, perché il cielo minacciava pioggia da un momento all’altro. Quella scena mi ricordò un racconto di mio padre, che mi fece quel giorno. Lui non era mai stato a Roma, ma mi narrò particolari che vedevo in quello stesso momento. Doveva essere quello il balcone di cui parlava, quello davanti alla famosa fontana. Mi sedetti anche io sul bordo della fontana ed entrai nella storia che avevo ascoltato: lanciai una moneta con le spalle rivolte verso l’acqua, chiusi gli occhi, espressi un desiderio e quando li riaprii l’indovino era lì. Aveva una lunga barba grigia e un cappotto scuro con il cappuccio che lo riparava dalla pioggia che stava scendendo copiosa e mi bagnava il viso. Dal giorno del racconto avevo sempre avuto paura degli indovini e delle loro profezie, ma quel giorno sentivo che il destino voleva in parte rivelarsi a me. Stava spostando il suo tavolino, cercando riparo dal temporale primaverile e dovetti seguirlo tra la gente che correva a ripararsi. Lo afferrai per un braccio, vidi i suoi occhi perplessi, ma non gli lasciai il tempo di parlare e dissi: “Devi farmi le carte!”. “Quando smette di piovere te le faccio senza problema amico. Però ricordati che farsi leggere le carte non è un dovere, ma un piacere”. “Iniziamo male indovino, dovresti capire dai miei occhi che lo devo a una persona da troppo tempo”.”Bella risposta amico, ti sei meritato una seduta immediata. Andiamo a sederci sul bordo della fontana. Il bello dei temporali qua è che sono come veleno per i turisti. Muoviamoci, a breve smetterà di piovere, non avremo un metro per parlare e finiremmo in foto ricordo che vedranno in Giappone”. Così, sotto il diluvio, mi lesse le carte. Le sue parole erano mirate e precise, ascoltai per un quarto d’ora quello che aveva da dirmi, mescolando le lacrime alla pioggia che sgorgava tra i miei capelli. Mi sembrava che quelle parole fossero state nascoste dentro il mio cuore da molto tempo e solo ora le trovassi proprio lì…